Protesi dell’anca
Venerdì, 20 Settembre 2019.
Esercizi riabilitativi e sviluppo dell’ipertrofia.
Lavorando come Personal Trainer in una palestra che ha all’interno un centro fisioterapico è molto comune dover trattare anche dei clienti che hanno diversi problemi, spesso gravi, di postura, deambulazione e di dolore. Convivendo a stretto contatto con i fisioterapisti cerco, in sala pesi, di aiutare i clienti a recuperare appieno abilità motorie, fiducia in se stessi e tono muscolare che, ahimè, molto spesso mancano già da prima del “danno”.
Uno dei casi di “più in voga” è dover curare problemi dovuti dalla protesi all’anca. Si pensa solitamente che chi viene operato alle anche sia sempre e solo una persona anziana ma purtroppo non è cosi; oltre che alle fratture ossee spesso insorgono altri tipi di problemi come la osteoartrosi (consumo continuo della cartilagine data da sfregamento) o artrite reumatoide (malattia autoimmune in cui il sistema immunitario anziché difendere l’organismo dalle infezioni gli si rivolta contro e le articolazioni diventano rigide, gonfie e dolorose). Ci sono poi altri problemi meno comuni come l’artrite settica (infiammazione batterica dell’articolazione), necrosi avascolare (data dall’abuso di alcol) e la malattia ossea di Paget (che altera la crescita e il ricambio osseo).
Cenni di anatomia sull’articolazione dell’anca.
Le articolazioni sono degli organi giunzionali tra i capi ossei e sono interconessi tramite tessuti connettivi. L’articolazione dell’anca è molto complessa, come quella della spalla, e viene definita Enartrosi, termine che va ad indicare quel tipo di articolazioni triassiali che permettono movimenti angolari e rotazioni.
La capsula articolare dell’articolazione dell’anca è molto spessa e resistente e, a differenza della capsula articolare della spalla, contribuisce notevolmente alla stabilità articolare. Si estende dalle superfici laterale e inferiore del cingolo pelvico alla linea intertrocanterica e alla cresta intertrocanterica del femore, racchiudendo sia la testa che il collo del femore. Questa particolare disposizione impedisce alla testa di fuoriuscire dall’acetabolo.
Quattro legamenti rinforzano la capsula articolare (ileofemorale, pubofemorale, ischiofemorale, aceta bolare trasverso) mentre un quinto legamento, il legamento della testa del femore, che origina a livello del legamento aceta bolare trasverso e che si inserisce nella testa del femore, viene messo in tensione solo quando la coscia flessa va incontro a rotazione esterna.
L’operazione. Il Pre e il Post operatorio.
Avendo bene a mente la struttura di tutta l’articolazione dell’anca ci è più facile capire che danno può provocare una lesione tra il femore e l’acetabolo. L’operazione chirurgica in questo caso è l’unica soluzione possibile, un intervento invasivo in cui si va a sostituire l’articolazione danneggiata con una protesi in lega metallica. Questa articolazione artificiale presenta una “coppa” che andrà a sostituire l’acetabolo e uno stelo che verrà fissato al femore.
Quale compito spetta al paziente nel pre e post operatorio? Certamente prima di porsi a questo tipo di intervento è necessario acquisire una buona ipertrofia muscolare a livello del gluteo, dei quadricipiti e dei bicipiti femorali in modo tale da massimizzare il tempo di recupero e non perdere troppa forza e massa muscolare durante il periodo di riposo obbligato dall’operazione.
La maggior parte delle persone dopo l’intervento devono re imparare a camminare correttamente. Il dolore che viene provato quando si ha l’articolazione dell’anca danneggiata fa si che lo schema motorio corretto della camminata venga bypassato optando per scelte più comode e meno dolorose. Il cervello, infatti, attua diverse strategie per risolvere il problema consumando meno energie possibili proprio come avviene tutti i giorni su tantissimi aspetti della vita quotidiana.
La forza di volontà del paziente è la chiave per avere un recupero ottimale e nel più breve tempo possibile. La riabilitazione deve essere sempre svolta insieme a dei professionisti e gli esercizi che vengono indicati devono essere eseguiti anche a casa perché il primo obbiettivo non è quello di riacquisire subito massa muscolare ma “riprogrammare” da zero il nostro cervello a re imparare uno schema motorio tanto banale quanto difficile come quello di camminare correttamente in stazione eretta senza zoppicare, strisciare, appoggiarsi.
Il paziente dovrà quindi, ogni giorno, concentrarsi ed eseguire gli esercizi di riprogrammazione motoria per stimolare il cervello a dimenticare i vecchi “trucchetti” ed iniziare a riattivare i muscoli nella giusta sequenza di comandi.
Ovviamente oltre questo c’è la necessità di integrare con 3-4 sedute di allenamento con i pesi per aumentare la massa muscolare che serve a dare supporto a tutto il sistema.
La nostra programmazione.
La programmazione studiata insieme al fisioterapista Emanuele Bocci, per riprendersi dall’operazione, prevede un riscaldamento particolare con l’utilizzo del tapis roulant in cui il paziente dovrà tenere una gamba ferma in appoggio sul cornicione esterno e con l’altra gamba dovrà farsi scivolare indietro per poi sollevarla e riportarla in avanti simulando un passo. All’inizio il paziente potrà tenersi con ambedue le braccia per poi eliminare gli appoggi per stare il più possibile in stazione eretta e per potersi equilibrare da solo attraverso l’utilizzo del core.
Lo step successivo è quello di compiere un passo anche con la gamba di appoggio, semplicemente alzandola e riabbassandola in modo tale da simulare una camminata vera e propria e aumentare l’instabilità che dovrà essere corretta sempre attraverso il core addominale.
Questo tipo di lavoro serve proprio per riprogrammare il cervello a compiere delle falcate normali, alzando la gamba flettendola e portandola avanti dritta, senza rotazioni o strascicamenti della gamba “malata”.
La velocità del tapis roulant che si consiglia è di 1-1,2 km/h con pendenza zero. Per aumentare la difficoltà si può aumentare la velocità (a nostro parere mai sopra gli 1,6 km/h) o aumentare la pendenza di qualche punto percentuale.
A seguito continuiamo con lavori propriocettivi attraverso l’uso di elastici con diverse resistenze per insegnare al paziente a “sentire” i muscoli target da attivare. In questo tipo di esercizi si va comunque a far lavorare il muscolo con tenute isometriche per prepararlo poi a lavorare con dei sovraccarichi un po’ più importanti attraverso macchinari o altri esercizi.
Un esempio di esercizio è quello in cui si mette una fascia elastica alle punte dei piedi e, con i talloni uniti, si cerca di allontanare le punte verso l’esterno. I muscoli che verranno attivati sono il medio gluteo, il tensore della fascia lata e lo ileopsoas.
Per stimolare gli stessi muscoli si può eseguire un esercizio di abduzione di un arto da sdraiati con la schiena e la pianta dei piedi appoggiati al muro e con le ginocchia flesse. L’esercizio sarà quello di aprire la gamba in appoggio superiore il più possibile senza discostare sedere e piedi dal muro. Per rendere l’esercizio più difficile si può mettere una fascia elastica sotto il ginocchio.
Ottimi esercizi sono anche quelli che ci permettono di utilizzare tutto il core per stabilizzarci in situazioni di disequilibrio. L’utilizzo del bosu si rivela fondamentale in questo tipo di esecuzioni. In piedi sul bosu, tenendoci con le mani ad una spalliera, si cerca di rimanere in equilibrio il più possibile. In base al livello di forza e abilità del paziente si possono ridurre gli appoggi alla spalliera o fare una esecuzione con una gamba e poi con l’altra.
A seguito si può far lavorare il paziente con varie macchine come leg press, leg extension, leg curl utilizzando carichi molto bassi ad alte ripetizioni per poi andare piano piano ad aumentare i carichi. Variante valida per aumentare qualche volta in maniera più rapida i carichi è quella di compiere il movimento di concentrica con tutti e due gli altri e l’eccentrica con un solo arto con un movimento ben controllato.
Alla fine della fiera…
Per prevenire altri problemi alle articolazioni consigliamo vivamente di praticare costantemente attività sportiva in modo tale da preservare il muscolo e tenere tutto il sistema allenato e attivo, muscoli, articolazioni, polmoni e cuore. Non importa il tipo di sport, importa solo il muoversi, magari con dei piccoli sovraccarichi, ma per l’amor di Dio…Muovetevi!
Una persona in normo peso e attiva vive più a lungo e con meno acciacchi.
Una persona sana è più felice e vive la vita con un pizzico di sorriso in più.
Bibliografia e Disegni anatomici:
Anatomia Umana – Martini, Timmons, Tallitsch
Francesco Riccetti